INTRODUZIONE ALLE TECNICHE TIMPANISTICHE

Si racconta che Toscanini soleva definire i timpani “La spina dorsale dell’orchestra”. Un altro famoso direttore asseriva, invece, che il timpanista è il “secondo direttore d’orchestra”.
Non a caso, quindi, anche nei contratti nazionali di categoria al timpanista viene riconosciuta la prima categoria “A” cioè
quella dei solisti. I timpani infatti, oltre a svolgere le funzioni musicali tipiche degli strumenti che agiscono prevalentemente nel registro grave, rappresentano per l’orchestra un costante punto di riferimento ritmico, come la batteria nel jazz e nella musica leggera.

Le origini dei timpani vanno ricercate in tempi
remotissimi perché questi strumenti rappresentano una particolare forma evolutiva di alcuni modelli di tamburo.
I primi tentativi messi in atto per cercare di v
ariare l’estensione delle pelli con i vari mezzi a disposizione (tenditori a corda o con la stessa pressione delle mani) rappresentano le prime fasi della diversificazione tra alcuni strumenti a membrana a suono indeterminato e i timpani.

Il vero antenato dei moderni timpani è, secondo i nostri studi e le nostre ricerche, un tamburo che veniva usato nelle cerimonie religiose dai sumeri circa cinquemila anni fa (pp. 48-49 1° vol. de “L’Arte della percussione - Milano 1965)
Tale strumento, che era costituito da una pelle di bue tesa su una caldaia di rame, come è facile immaginare, non poteva che dare dei suoni bassi e ricchi di armonici come quelli degli attuali modelli di punta che, sempre su caldaie di rame, montano pelli naturali.

Il moderno meccanismo di tensione delle pelli oggi è affidato ad un pedale collegato alle viti tiranti. L’estensione è in rapporto al diametro della caldaia e nei modelli standard arriva a circa una sesta. Il numero degli strumenti che si usano in orchestra può variare a seconda dei brani che si devono eseguire. In linea di massima, per il lavoro di “routine” si adoperano da tre a quattro timpani. Con quattro timpani si effettuano più spostamenti delle braccia, con tre, invece, si lavora più raccolti ma si devono eseguire più cambiamenti col pedale.

Le tecniche timpanistiche di base sono grosso modo le stesse del tamburo ma, sia per la diversa risposta delle pelli, sia per la diversità di tocco, esse vanno svolte in modo diverso.

Tra le principali tecniche timpanistiche fondamentali possiamo annoverare:

- la tecnica a mani alternate che comprende il rullo a colpi singoli, l’incrocio e
l’allontanamento (questi ultimi necessari per evitare troppi colpi ribattuti),

- la tecnica dei colpi ribattuti comprendente anche il rullo a colpi doppi ed i
paradiddles,

- la tecnica degli smorzamenti importantissima per fermare le vibrazioni e dare alle note il loro giusto valore,

- la tecnica dei pedali indispensabile per cambiare le note.